Il colpaccio

Era rimasto lì per ore, con quel pezzo di carta in mano. Si sedeva sul divano per qualche minuto, poi si rialzava di scatto e camminava un po’ su e giù nel piccolo salotto di quello scalcinato appartamentino in affitto in cui viveva da solo. Poi si metteva a sedere di nuovo, ma era talmente agitato e nervoso che non riusciva a rimanere fermo. Le sue mani sudate non lasciavano nemmeno per un istante quella preziosa ricevuta. Un pezzo di carta che valeva la bellezza di novanta milioni di euro: la schedina vincente del superenalotto, quell’unico “6” che non usciva da mesi e con il montepremi più alto che si fosse mai visto nella storia del concorso.
Il televideo mostrava la schermata con i numeri vincenti. Era fissa lì da almeno due ore. Ogni tanto controllava ancora i numeri, come se avessero potuto cambiare, ma erano ovviamente sempre quelli e corrispondevano perfettamente a quelli della ricevuta che teneva in mano. Non c’era alcun dubbio. Novanta. Milioni. Novantamilioni. No-van-ta-mi-li-o-ni.
Si rimise a sedere sul divano e bevve un altro goccio.

Il motivo di tanta agitazione non era solo per la somma astronomica che aveva appena vinto, quanto per il fatto di non essere l’unico vincitore. Antonio infatti lavorava in una grande azienda, con compiti di bassa manovalanza e un altrettanto basso stipendio. Da un paio di settimane si era messo ad organizzare una giocata aziendale: girava per i vari uffici e raccoglieva adesioni e soldi dai colleghi, pochi euro a testa per poter giocare un bel sistema che avesse qualche probabilità in più di vittoria. Lo faceva tre volte alla settimana, una per ogni estrazione, e quindi anche quel giorno. La lista dei partecipanti era lì sul suo tavolo, un lungo elenco scritto a penna su un foglio bianco, sessanta nomi incluso il suo.

Cinquantanove persone che in questo momento stavano festeggiando, che probabilmente si stavano telefonando e che sicuramente stavano chiamando anche lui. O almeno ci stavano provando, perché il suo cellulare era appoggiato sul tavolo, proprio accanto all’elenco dei loro nomi, spento.

Già, perché i suoi colleghi stavano facendo i salti di gioia, ma la giocata l’aveva fatta lui e il tagliando vincente, fino a prova contraria, era ancora in mano sua.

Aveva già perso fin troppo tempo, adesso era davvero il momento di prendere una decisione. Le possibilità erano ovviamente due: dividere onestamente il malloppo e accontentarsi di un milione e mezzo oppure tentare il colpaccio, intascare tutto e sparire per sempre dalla circolazione.

Bevve ancora un sorso di grappa, direttamente dalla bottiglia. Chiuse gli occhi per qualche secondo mentre il liquore gli bruciava ancora in gola, fece un sospiro e infine si alzò.

Andò in camera e chiuse la valigia che aveva già preparato sul letto, infilò il giubbotto, cacciò in tasca la schedina e le chiavi della macchina e uscì. Non chiuse nemmeno la porta, né spense la luce. E il televisore in soggiorno continuava a mostrare la pagina gialla e blu con quei sei numeri che non avrebbe mai più scordato per il resto della vita.

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